Gesù percorre la via del Calvario portando la croce

Gesù percorre la via del Calvario portando la croce

by donO
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Meditazione sul IV mistero doloroso

Dal Vangelo secondo Matteo (27, 31-34)
Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa “Luogo del cranio”, gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. 

Padre del Cielo, apri i nostri cuori alla presenza silenziosa
dello Spirito del Tuo Figlio.
Guidaci all’interno di quel misterioso Silenzio,
dove il Tuo Amore si rivela a tutti coloro che ti invocano.
Maranatha… Vieni Signore Gesù.

Contemplando Gesù che porta la Croce, chiediamogli la grazia di scoprire il suo grande amore per noi.

Per Crucem.

Quale tratto del volto di Dio si fa chiaro mentre contemplo il Cristo che porta la Croce? La liturgia nei tempi forti di Quaresima e Pasqua ci invita a “celebrare la morte e la risurrezione di Gesù come la storia di ognuno di noi, una storia che si incontra con la nostra realtà di tutti i giorni, una storia che è dentro di noi”.

Gesù si fa carico della Croce per i nostri peccati ed è bene ricordare che “Il suo amore ci salva, non il suo dolore. Un amore che manifesta, che mette a nudo, che scuote e stupisce” (P. Curtaz). E, ancora, “Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l’amore” (Giovanni Paolo II)

Dio in Gesù Cristo si fa piccolo per starci accanto, si abbassa per lavarci i piedi, si lascia dare un bacio da un traditore, non reclama contraccambio, anzi; versa il suo sangue. Come scriveva San Paolo ai Corinzi, “La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.  Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti
.” (1 Cor 1,18-19).
La croce, che rappresenta ciò che nega l’uomo e lo fa soffrire, questa croce è “potenza di Dio”, una potenza che si manifesta nella debolezza (cfr. 2Cor 12,9): quante volte Dio è arrivato al nostro cuore in modi e mezzi inattesi perché poveri e non considerati!

Le nostre croci

Tutti cerchiamo la vita! Tutti desideriamo sentirci amati, considerati, riconosciuti. Tutto questo confligge con la logica evangelica che è “di un altro mondo”. Mentre contempliamo il Cristo che porta la croce lasciamo che risuonino nella memoria del cuore le sue parole ai discepoli:

“”Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. (Mt 16,24)

San Giovanni Paolo II, scrivendo ai giovani l’anno dopo il grande giubileo del 2000, affermò che “Rinnegare se stessi significa rinunciare al proprio pro­getto, spesso limitato e meschino, per accogliere quello di Dio … Gesù non chiede di rinunciare a vivere, ma di accogliere una novità e una pienezza di vita che solo Lui può dare … Chi va dietro a Cristo Considera la vita vissuta in termini di dono e gratuità, non di conquista e di possesso”.

“La croce – scriveva Chiara Lubich) è la radice della carità. Con essa abbiamo una vita solida, ben piantata, protetta contro le tempeste. Con essa si cammina sicuri”. (Chiara Lubich)

Dio non ci toglie la croce, ma la rende gloriosa: ci insegna a trovare la sua gioia profonda lì “dove sperimentiamo la nostra sofferenza, la contraddizione, dove tutto sembra farci venire meno.

“Croce gloriosa”- ha scritto un biblista – vuol dire sperimentare che tutto ciò che prima ti sgretolava nel profondo – non solo la malattia, ma il fatto che non ti sopporti o non sopporti gli altri, quella situazione impossibile o la mancanza di senso nella tua vita … – adesso non ti uccide più”.

È vero! Si piange, si soffre, Nell’andare se ne va e piange,
portando la semente da gettare (Salmo 126,6);
e dovremmo ricordare come continua quel versetto del salmo 126: ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni. Dovremmo accogliere la logica autenticamente generativa che ci è presentata in questo mistero doloroso: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. È la logica realistica di una vita vissuta nel dono di sé.

È un continuo cammino di discepolato quello a cui siamo tutti chiamati. Scriveva San Pio da Pietrelcina, “Impariamo a portare la nostra Croce, anche se grave, anche se ci par di soccombere sotto il suo peso. Siamo fedeli a Dio, senza tentennamenti”.

Ripensiamo per un attimo alle nostre cadute, alle nostre ferite e al desiderio di sapere che non siamo soli in quei bui momenti. “Pur se andassi per una valle oscura non temerei alcun male … perché TU SEI CON ME” (Sal 22)

Nel Vangelo ascoltato si fa menzione del cireneo; quell’uomo – dice il testo – fu costretto a portare la croce. Quella figura rappresenta, comunque, per noi una provvidenziale pro-vocazione: sappiamo stare accanto ai nostri fratelli e alle nostre sorelle nella loro sofferenza? Sappiamo farci carico anche della loro croce anche quando avvertiamo la nostra come pesante?

“Restiamo ai piedi della croce di Cristo per imparare ad amare” di più Dio e i fratelli.

Trovo significativamente illuminanti le parole di San Paolo ai Galati: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”. (Gal 2,19b-20)

Andrebbero meditate spesso queste parole “questa vita che vivo nel corpo” (non astratta), vissuta nella fede … che – sottolinea in maniera concisa l’Apostolo delle genti – ha fatto due cose: ha amato me e ha consegnato se stesso per me. Quando ciascuno di noi – contemplando la croce di Cristo – si ritrova in quel “per me”, la vita allora diventa davvero un cammino pasquale in cui la croce è via maestra per incontrarlo.

(Dagli scritti di Don Tonino Bello)
Santa Maria, donna che ben conosci il patire,
aiutaci a comprendere che il dolore
non è l’ultima spiaggia dell’uomo.
Ti preghiamo solo che, nel momento della prova,
ci preservi dal pianto dei disperati.
Se ti imploriamo di starci vicino
nell’ora della nostra morte corporale
è perché sappiamo che tu la morte l’hai sperimentata davvero:
la morte assurda violenta, di tuo figlio.
Ti supplichiamo: rinnova per noi, nell’attimo supremo,
la tenerezza che usasti per Gesù.
Se ci sei tu, la luce non tarderà a spuntare.
E anche il patibolo più tragico
fiorirà come un albero in primavera. Amen

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